Trash by Dorothy Allison

Trash by Dorothy Allison

autore:Dorothy Allison [Allison, Dorothy]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2021-05-16T22:00:00+00:00


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Amante demone

Katy diceva sempre che voleva essere l’amante demonio, quella che desideriamo pur sapendo che non è noi che vuole, ma la nostra anima. Ora quando torna a trovarmi è così che mi appare, come un demone, e ogni volta penso che le ombre alle sue spalle potrebbero essere ali.

Arriva quando non sono ancora del tutto addormentata e mi sveglia appoggiandomi le dita fredde sulla schiena calda. La sua pelle bianca risplende di luce lunare, ne riflette ogni raggio come uno specchio; denti e unghie scintillano, fosforescenti.

«Svegliati», sussurra Katy, chinandosi a mordermi la spalla nuda. «Svegliati! Svegliati!»

«Oh no», dico io, «non tu».

Ma lo sapevo che stava arrivando. Sentivo la sua eco farsi più forte di momento in momento, come zia Raylene dice sempre che sente quando sta per avere un attacco. Katy è tenace. Altri miei fantasmi sono così tenui, si avvicinano solo quando vado a cercarli. Katy invece, è lei che viene a cercare me.

«Tirati su», dice, «non ti mordo». Ma i suoi denti sono acuminati nel chiarore lunare, e io mi muovo con prudenza. L’unico lato prevedibile di Katy era la sua testarda perversità, quel suo fare proprio quello che aveva giurato solennemente di non fare.

«Merda», sussurro, e poi le faccio posto nel letto. Lei ride e mi passa uno spinello. Il fumo la avvolge, forma una cappa pesante e dolciastra attorno a noi. Faccio un tiro profondo, le sorrido e dico: «Mi faccio di allucinazioni».

«Sei fortunata. Gli altri pagano per farsi».

Butta fuori il fumo dal naso. Stasera Katy sembra quasi con i piedi per terra, non è da lei. Sono passati tre anni da quando è morta di overdose, e da allora non è certo diventata meno insistente, semmai di più. La sua strana calma mi disturba. Quando i morti non sono più irrequieti, vuol dire che se ne vanno?

Si sente un rumore dalla stanza vicina, un colpo contro il legno. Probabilmente Molly ha urtato qualcosa mentre andava in bagno, un po’ sbronza come al solito. Katy scivola in avanti su un ginocchio e si afferra al bordo del letto ad acqua. Se fosse un gatto avrebbe il pelo ritto. In effetti, mi sembra che i capelli le si gonfino dietro le orecchie. Mi accosto e le prendo lo spinello di mano; mi muovo piano, vorrei abbracciarla ma non oso chiederlo.

«Visto che mi svegli in piena notte», le dico, «potresti anche intrattenermi. Dimmi dove hai preso questa bontà. È afgano, vero? Ha lo stesso sapore di quello che abbiamo preso ad Atlanta quando siamo tornate in autostop da Daytona Beach».

Sempre in posa felina, Katy mi guarda con i suoi grandi occhi freddi e spietati. La sua espressione mi fa venire voglia di stringermela forte contro il seno, passarle la lingua sulla gola e sentire ancora la sua risata crudele e adorabile. Sarebbe facile, delizioso e facile, non come quando lei era viva. Da viva, non è mai stata facile.

«Non hai nessun senso del gusto. È un panama coltivato in casa». Torna a sedersi sul letto, senza che il materasso si abbassi sotto il suo peso.



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